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In astrologia umanistica ed evolutiva, il Sole non è una semplice etichetta zodiacale.
Non è solo la risposta alla domanda “di che segno sei?”.
È la tua Firma d’Anima.
È il Fuoco eterno che hai scelto di portare sulla Terra prima ancora di nascere.
È la promessa solenne che hai fatto a te stesso nell’istante in cui hai deciso di incarnarti:
“Questa volta scenderò, brucerò, cadrò, mi perderò… e alla fine mi ricorderò chi sono veramente.
E quando mi ricorderò, diventerò luce per gli altri.”
Il Sole non è una stella.
È un giuramento che hai pronunciato nel silenzio prima del tempo.
È la melodia che la tua Anima ha scelto di cantare mentre discendeva nella carne, sapendo che avrebbe dimenticato ogni nota e avrebbe dovuto ricordarle tutte, una per una, tra le lacrime e il fuoco.
In un viaggio lungo tutta la vita.
È il battito di un cuore che non ti appartiene ancora del tutto,
ma che un giorno batterà così forte da far tremare il mondo.
Come Apollo che nacque già coronato di luce, eppure dovette camminare sulla Terra per meritarsela;
come Fetonte che salì troppo presto sul carro del padre e bruciò il cielo con la sua fretta di esistere;
come Icaro che baciò il Sole con le labbra di cera e imparò che la libertà ha ali, ma anche peso;
come Prometeo che rubò la fiamma e si lasciò divorare per secoli pur di non spegnerla;
come Ercole che strangolò la propria belva dentro la tana più buia e ne fece mantello regale;
come il Re Pescatore che portava tra le cosce una ferita aperta sul mondo, e solo chi osò chiedere «Che cosa ti addolora?» vide il deserto rifiorire…
Così è il tuo Sole.
Così sei tu.
Non sei nato per splendere.
Sei nato per ricordare come si splende
dopo essere stati cenere.
Come Apollo che uccise il serpente e poi fu servo,
che toccò l’abisso e poi la corona,
che imparò che la vera luce non è quella che acceca,
ma quella che ha imparato a chinarsi per asciugare le lacrime altrui.
Come Fetonte che cadde urlando «Sono figlio del Sole!»
e imparò, troppo tardi,
che gridare la propria luce non è possederla;
che il Fuoco si riceve in ginocchio, non si strappa con arroganza.
Come Icaro che rise nell’aria,
che sentì il cielo aprirsi come un grembo materno,
e volò così vicino alla sua origine da sciogliersi dentro di lei;
eterno monito che l’estasi senza radici è solo un altro nome del suicidio.
Come Prometeo incatenato,
che ogni mattina vedeva l’aquila arrivare
e ogni mattina le sorrideva,
perché sapeva che il suo fegato ricresceva
non per tormento,
ma per amore inestinguibile.
Come Ercole nella pelle del leone,
che comprese che la propria forza terribile
andava abbracciata, non respinta;
che solo stringendo al petto la propria belva
si diventa sovrani di se stessi.
Come il Re Pescatore,
che sedeva sul trono con il sesso ferito
e il regno morto intorno,
e aspettava – per secoli –
che qualcuno avesse il coraggio di guardarlo davvero
e di piangere con lui.
E quando finalmente arrivò quel cavaliere,
quando finalmente qualcuno gli chiese il suo dolore,
la ferita si trasformò in Gral,
e il deserto si fece giardino,
e il Re tornò bambino
e pianse di gioia tra i fiori.
Così è il tuo viaggio, anima solare.
Prima ti sei specchiato negli occhi degli altri,
cercando un riflesso che ti dicesse «esisti».
Poi sei bruciato, caduto, stato divorato, crocifisso, scorticato vivo.
Poi, nel silenzio più profondo del tuo nulla,
hai sentito un battito.
Un solo, antico, indimenticabile battito.
Era il tuo cuore che ricordava.
E hai capito che non sei venuto al mondo
per essere ammirato.
Sei venuto per diventare
la cosa più rara e preziosa che esista:
un essere umano
che brucia senza consumarsi,
che splende senza chiedere nulla in cambio,
che ha toccato l’inferno
e ha scelto comunque
di tornare indietro
con le mani piene di luce
per chi ancora sta tremando nel buio.
Questo è il tuo Sole.
Non ciò che sei oggi.
Ciò che hai giurato di ricordare
prima ancora di dimenticare il tuo nome.
E ogni mattina,
quando il cielo si fa rosa
e l’orizzonte si incendia piano,
è il cosmo intero che trattiene il fiato
e sussurra, con la voce di milioni di stelle:
«Eccolo.
Torna.
Il mio bambino di fuoco
sta tornando a casa.»
Il tuo Sole non è un punto nel tema natale.
È una porta.
Una porta che si apre solo dall’interno,
e che dà su una strada di fuoco lunga quanto una vita intera.
La mitologia non è decorazione.
È la mappa esatta di quella strada.
Ogni volta che riconosci te stesso in Fetonte che brucia,
in Icaro che si scioglie,
in Prometeo che sorride all’aquila,
in Ercole che stringe al petto la propria belva,
in Apollo che china il capo divino tra le pecore di un mortale…
in quel preciso istante qualcosa dentro di te si spalanca.
Non è più “un bel mito”.
È la tua biografia segreta.
È il momento in cui capisci:
ah, ecco perché ho sempre avuto paura di brillare troppo presto.
Ecco perché mi sono sentito incatenato ogni volta che ho osato portare una luce nuova.
Ecco perché la mia creatività mi terrorizza e mi esalta allo stesso tempo.
Ecco perché porto nel petto una ferita che nessuno vede,
e che solo chi sa chiedere «che cosa ti addolora?» può trasformare in Gral.
La mitologia è la lingua madre della tua Anima.
Quando la parli, l’Anima si mette a piangere di riconoscimento e finalmente ti sussurra, con la voce più antica che hai:
«Ora ricordo.
Ecco cosa ero venuto a fare.»
E da quel momento il cammino cambia.
Non stai più cercando di “realizzarti”.
Stai ricordando di esserlo già.
Non stai più cercando la tua missione.
Stai smettendo di tradirla.
Perché il Progetto Solare non è qualcosa che devi inventare.
È qualcosa che devi smettere di dimenticare.
E ogni mito che ti fa tremare,
ogni figura che ti sembra di aver già vissuto in un sogno lontanissimo,
è semplicemente il cielo che ti rimanda la tua fotografia prima del tempo,
con una scritta sul retro, vergata in lettere di fuoco:
«Torna a casa.
Torna a splendere.
Il mondo sta ancora aspettando
il calore che solo tu sai dare.»
Se un giorno ti accorgerai di avere le mani vuote
e il cuore troppo pesante di un silenzio che non è pace,
se sentirai improvvisamente la nostalgia di una luce che non ricordi di aver mai posseduto,
e tuttavia ti manca come l’aria,
se vorrai smettere di tradire la promessa più antica che hai fatto a te stesso
prima ancora di avere un nome,
se vorrai ricordare chi sei davvero
– non la maschera, non la paura, non il riflesso sbiadito negli occhi altrui –
ma il fuoco nudo e intatto che hai giurato di riportare quaggiù,
se vorrai finalmente sentire il tuo calore
e imparare a donarlo senza bruciarti,
senza bruciarli,
senza più scappare,
scrivimi.
Io sono qui,
come un antico guardiano di soglia,
con una lanterna fatta della stessa fiamma che porti nel petto.
E insieme faremo l’unica cosa che valga davvero:
ricorderemo.
Fino all’ultima scintilla.
Fino all’ultimo battito.
Fino a quando il tuo Sole
non sorgerà dentro di te
e il mondo, finalmente,
ricomincerà a scaldarsi.
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Vera Nika

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